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watch details

EBEL 1911 CRONOGRAFO AUTOMATICO LE MODULOR CAL 137 CERTIFICATED CHRONOMETER

Estimated price for orientation: 1 499 $

Category: 1
Class:











Description
Marca: EBEL Modello: 1911 Le Modulor
Sesso: Uomo Funzioni: Cronografo, Data
Cinturino: Acciaio Inox Display: Analogico
Alimentazione: Carica automatica


EBEL CRONOGRAFO MECCANICO A CARICA AUTOMATICA LE MODULOR CALIBRO EBEL 137 CON CERTIFICATO DI CRONOMETRO UFFICIALE C.O.S.C. IN BUONE CONDIZIONI GENERALI SIA ESTETICHE CHE MECCANICHE, QUALCHE LEGGERO AIRLINES SU VETRO E LUNETTA MA NIENTE CHE NE PREGIUDICHI LA BELLEZZA ESTETICA, LA PARTE CRONOGRAFICA AZZERA CORRETTAMENTE, NON RECENTEMENTE REVISIONATO. OROLOGIO FULL SET COMPLETO DI SCOTOLA CONTROSCATOLA MANUALI GARANZIA TIMBRATA 1999 E CARD DI CERTIFICAZIONE C.O.S.C
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Per gli Architetti del Tempo della Ebel, Le Modulor è un’altra pietra che va ad aggiungersi alla grande costruzione cominciata nel 1911 da Eugène e Alice Blum; per gli appassionati, invece, è uno dei più interessanti svolgimenti del tema: “il cronografo moderno”. Il misuratore del tempo, ma anche dei tempi, che la storia vuole sia stato inventato nel 1862 da Adolphe Nicole, continua a restare in cima ai sogni di molti, e anche una recente ricerca effettuata per conto dell’Angro, l’Associazione nazionale grossisti di orologeria, ha confermato come il cronografo resista alle mode e rimanga il modello più venduto nel settore dei “complicati”. Chissà, forse il merito è di quella sottile lancetta che bloccandosi a comando dà l’illusione di poter fermare il tempo e poi di lasciarlo correre di nuovo, quasi come se ne fossimo diventati i padroni assoluti. Oppure è tutta una questione di praticità: un cronografo, infatti, può essere utilizzato anche come “memento” per gli appuntamenti, o come sbrigativo secondo fuso orario. Di sicuro resta il fatto che l’invenzione di Nicole, originariamente destinata ad allevatori di cavalli, scienziati e tecnici di laboratorio, ha conosciuto, a partire dagli anni ’30, con la grande diffusione dei modelli da polso, una notorietà ben più vasta di quella relativa al solo ambito scientifico; e mentre un tempo questo tipo di orologio era appannaggio quasi esclusivo delle case specializzate, oggi tutte le maison lo hanno in catalogo. Ma un conto è limitarsi a montare nella cassa un movimento costruito altrove, un altro, invece, è svilupparlo in proprio e assemblarlo pezzo per pezzo. E qui il campo torna a restringersi, perché non sono davvero molte le case che hanno la capacità e la possibilità di fare tutto ciò. Tra queste vi è la Ebel che, con Le Modulor, oggi è in grado di offrire un cronografo di classe superiore a prezzi competitivi. Ma la classe non basta; Le Modulor si distingue anche per la forma, il design del quadrante, le rifiniture: insomma, è uno di quei modelli destinati a durare e a lasciare traccia nella storia moderna del settore. Come i nostri lettori già sanno, non si tratta di un orologio completamente inedito, ma di una evoluzione. Già nel 1982, infatti, la Ebel aveva in produzione un cronografo di linea particolare, quello che riprendeva i canoni estetici della famiglia Sport Classique, con la cassa caratterizzata da grandi curve raccordate e con la lunetta fissata da viti. In quegli anni cominciava la ripresa del mercato dell’orologeria classica dopo gli sconvolgimenti provocati dal quarzo e la Casa di La-Chaux-de-Fonds fu una delle primissime a credere nel cronografo, mettendo in produzione un orologio di grande impatto estetico e corredato di un movimento famoso come El Primero della Zenith. Adesso, però, nel Le Modulor non batte più il cuore a 36mila alternanze come nei cronografi della prima generazione: per la realizzazione del nuovo orologio, infatti, è stato sviluppato dal reparto studi della Ebel un diverso movimento sempre a carica automatica. Si tratta del calibro 137, costruito dalla Lemania (casa che, al pari della Ebel, fa parte del gruppo Investcorp), che costituisce il perfezionamento di un calibro del 1973, il 1340. I tecnici della Ebel lo hanno completamente rifatto – per esempio la carica, che ora avviene in entrambi i sensi di marcia del rotore – e anche “smagrito”, visto che lo spessore è passato dai 7,9 mm originali ai 6,4 attuali. Questi sono gli elementi che balzano subito agli occhi, ma gli interventi hanno toccato, in pratica, tutti i componenti del movimento: non si tratta, quindi, di ritocchi solo estetici, ma di una profonda trasformazione. Inoltre, va segnalato che il calibro 137 è nato proprio come cronografo e non come un movimento automatico di base con possibilità di arricchimento delle funzioni tramite moduli aggiuntivi. È curioso, perciò, che l’orologio sia stato battezzato Le Modulor, il che può apparire fuorviante dal momento che può evocare caratteristiche di modularità nella costruzione: in realtà, il nome del modello è un altro omaggio a Le Corbusier, il celebre architetto di La-Chaux-de-Fonds, che nella cittadina natale costruì la Villa Turca, ora di proprietà (e simbolo) della Ebel che la usa per riunioni e come dimora di rappresentanza. Fu Le Corbusier a chiamare “Modulor” un nuovo concetto abitativo di casa destinata all’uomo del ventesimo secolo. L’orologio Le Modulor, invece, è proiettato verso il Terzo Millennio, pur contenendo tutti i valori dell’orologeria tradizionale svizzera, tra i quali spicca il certificato di cronometro rilasciato dal Cosc. Nato nel 1995 in una versione a tiratura limitata e con la cassa d’oro, Le Modulor è disponibile, oggi, anche in acciaio ed è proprio questa versione l’oggetto del nostro piccolo viaggio a La-Chaux-de-Fonds alla ricerca delle “radici” di uno dei più significativi modelli oggi in commercio. Rispetto a una ventina d’anni fa c’è una nuova presenza negli stabilimenti della Ebel dove si sviluppa la fabbricazione del cronografo: il computer. Ormai gli elaboratori sovrintendono silenziosamente a molte operazioni: dalla realizzazione dei disegni delle varie parti alle istruzioni alle macchine utensili per tranciare, smussare e modellare i pezzi grezzi; dalla verifica delle tolleranze e della precisione di lavorazione fino alle prove di simulazione di affidabilità di un movimento. Qui lavorano macchine utensili che, semplicemente agendo sulla tastiera posta ai loro lati, sono in grado di compiere 20-30 operazioni diverse; si tratta, perlopiù, di pezzi base, come le platine, i cricchetti, i ponti, le maglie grezze dei bracciali. Ma dopo, in questa ideale linea di produzione che in realtà si sviluppa a zig zag lungo diversi piani tanto da poter essere paragonata, se vista dall’alto, a una specie di labirinto, viene la rivincita della tradizione, della manualità, della grande specializzazione artigianale. Per casse, movimenti e bracciali l’apporto umano è ancora fondamentale e la Ebel ha saputo mantenere tutto il suo patrimonio di tecnici e maestranze. Sono centinaia le operazioni da compiere prima di riuscire a completare un orologio e giungere alla regolazione finale. Il ticchettìo amplificato dei vibrografi, che controllano la marcia del bilanciere e che, in pochi secondi, sono in grado di svelare eventuali carenze o anomalie che impedirebbero di ottenere il certificato di cronometro, avviene solo al termine di un lungo percorso fatto di piccoli passi e che comincia con l’esame delle tolleranze delle misure di ogni componente diverso e scartando i pezzi non in regola. Il movimento prende forma lentamente e sui diversi tavoli sono schierati in scatoline di plastica trasparente, o in astucci di cartoncino, le ruote, le viti, le molle. Con il lentino nell’occhio o montato sugli occhiali, ogni addetto al montaggio compie una serie di operazioni e così “cresce” a poco a poco quello che, poi, diventerà una perfetta macchina in miniatura, in grado di marciare per anni e anni. Sulla platina di base sono via via montate, così, le varie parti, il movimento prende forma e spessore fino ad arrivare alla fase più delicata: la messa in opera di bilanciere e spirale; è dall’equilibrio di questo complesso che dipenderà in gran parte la regolarità di marcia dell’orologio. Poi, dopo aver provato la carica agendo sul lungo perno che sostituisce provvisoriamente la corona, c’è il montaggio del rotore. A differenza dei modelli in oro o in platino, non è guilloché, ma è decorato con un motivo che ricorda una fila di mattoni, un voluto richiamo ai canoni architettonici di armonia e di bellezza sviluppati da Le Corbusier e una rappresentazione grafica delle mura della Villa Turca. Il movimento è terminato e, chiuso in uno scatolino cilindrico di plastica da cui fuoriescono gli assi dei pulsanti e della carica, arriva sul tavolo dei “controllori” che provvedono a montarlo sui supporti dei vibrografi. In un paio di minuti la macchina elettronica elabora i dati relativi alla marcia nelle diverse posizioni e stampa i grafici relativi. Se qualche parametro non rientra nella norma e può mettere a rischio la certificazione del Cosc, il movimento passa agli orologiai regolatori che ne registrano la spirale: in genere, questo intervento rimette le cose a posto, ma se non dovesse bastare a far superare la prova, l’orologio viene nuovamente smontato alla ricerca del “male oscuro”. È dopo la prova di marcia che il movimento si incontra con il quadrante e poi con la cassa. È una fase molto delicata, che prevede l’inserimento delle lancette e una prova dei loro movimenti prima della sistemazione nella cassa, che arriva già lucidata e con il vetro montato. Durante quest’ultima operazione non si deve quasi fiatare, per evitare che particelle di polvere finiscano tra movimento e fondello, oppure tra vetro e quadrante: il minimo segno comporterebbe la bocciatura dell’orologio da parte dell’ultimo ufficio di controllo. Ma la manualità non è importantissima solo per quanto riguarda il movimento, anche la cassa e il bracciale richiedono mani esperte .E se per la cassa la fase saliente è quella della satinatura, per i bracciali il percorso è molto più lungo e complesso. La maglia grezza sta al bracciale finito come l’uomo di Neanderthal sta all’astronauta, e solo dopo centinaia di operazioni è possibile completare un bracciale Ebel. Siamo al termine del viaggio: gli orologi completi arrivano all’ufficio di controllo finale. Equi, tra una serie di vassoi dove sono allineati i modelli con il più tradizionale quadrante ardesia o il nuovissimo e squillante “Canyon” color ocra, mani in guanti di filo bianco compiono gli ultimi controlli prima di dare “luce verde” e di sancire che un altro Le Modulor è pronto a sfidare il tempo.